La paura non può essere sana?

Non avevo la minima idea che esistesse uno spazio simile, tante volte tornando a casa dall’ennesimo turno pensavo di scrivere qualcosa e che qualcosa in questo modo sarebbe rimasto non solo per me ma per chiunque, per raccontare.
Perchè io non capisco una cosa: perchè non si racconta davvero? perchè tutti i racconti diffusi ai più sono sempre romanzati, edulcorati, lontani dalla realtà, come se stessimo leggendo un libro o guardando un film?
I racconti, quelli veri, dove finiscono? forse qui, ma andrebbero diffusi. Non si tratta di spaventare, o fare politiche del terrore ma raccontare: RACCONTARE LA VITA E LA MORTE.
raccontare una calamità naturale che si sta verificando e si verificherà ancora, che potrebbe attaccare chiunque, in qualunque stato, in qualunque classe sociale. E quindi è giusto sapere, conoscere, perchè il paziente deve AUTODETERMINARSI, ma solo avendo in mano le giuste conoscenze.

Oggi mi chiama S., mentre sono in servizio, non riesco a rispondere e trovo 20 chiamate al termine del turno. La richiamo. “Ciao, mia mamma ha la febbre e non riesco a convincerla a venire in PS”, il mio pensiero va subito ai centinaia di accessi impropri che vengono fatti quotidianamente solo per anticipare l’esecuzione di un tampone, e forse la madre aveva anche ragione. “Provale una saturazione così vediamo se è davvero necessario” le consiglio… hanno un saturimetro a casa, mi riferisce un 89% a letto, donna di 65 anni, senza copatologie, assolutamente eupnoica, le parlo al telefono, conclude le frasi senza deficit e non appare affaticata “ok, provate a cambiare dito, a scaldare le mani e vediamo “… 88%.. le faccio chiamare il 112. La portano in codice giallo nel mio PS, io ovviamente non ero più in servizio e contatto i colleghi in turno per ottenere informazioni. La donna presenta un EGA piuttosto scoraggiante, parlano già di casco a 3 minuti dall’arrivo. Leggi tutto “La paura non può essere sana?”

Una lettera per i parenti dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva

Gentilissimi, parlo a nome di tutto il gruppo della rianimazione 1 COVID dell’ IRCCS Policlinico San Donato di Milano di cui ne sono il referente.
Dopo l’ esperienza umana ricchissima, sebbene drammatica, di marzo ci risiamo.
Non abbiamo voluto come gruppo perdere il valore che quelle settimane, pesanti ma cariche di umanità, dolore, gioia, rapporti personali e professionali riscoperti nel sopore di una apparente monotona normalità ci ha donato.
Abbiamo riaperto da 2 settimane e non vogliamo perdere tempo nel riagganciare subito il rapporto con i famigliari dei nostri pazienti.
Questa pandemia ci ha insegnato innanzitutto che siamo dipendenti e fragili. Nella dipendenza siamo costretti ad affidarci agli altri.
Con questa lettera abbiamo voluto dare un segnale di speranza e di fiducia in questo affidarsi. Nessuno è solo.
Vogliamo sottolineare che il nostro lavoro diamo per scontato che lo facciamo bene, non da eroi ma da professionisti. Quello che invece abbiamo reimparato e su cui ci siamo rimessi in gioco da marzo è soprattutto quello per cui ci sentiamo di affermare che chi ci viene affidato deve trovare in noi uno di famiglia.
Nella prima fase dei ricoveri, dove le notizie vengono attese ore con angoscia e incertezza, l’ idea di dare dei punti di riferimento ai parenti dei pazienti ci è sembrato il modo migliore per aiutare a iniziare questo cammino che spesso è lungo e incerto.
E’ nato cosi il testo che allego e la relativa lettera allegata (che per altro contiene il link a Intensiva.it e vissuto.intensiva.it
Ho avuto grandi maestri frequentando il gruppo di Bioetica della SIAARTI e con cui dall’ inizio della pandemia mi sono confrontato più volte. Grazie al confronto è nato il desiderio di riportare la nostra terapia intensiva ad un livello “aperto” compatibilmente con le restrizioni di legge.
Vorremmo riavvicinare l’ umanità che abbonda ma che non fa notizia al tecnicismo che viene raccontato in televisione e che da solo non è sufficiente ad accompagnare i nostri malati e i loro famigliari soprattutto quando guarire diventa impossibile ma curare obbligatorio.
Grazie dell’ occasione che ci date.

“Pur nella drammaticità della situazione vi proponiamo questa lettera che vuole essere un pò la nostra presentazione che sostituisce quello che è il primo incontro tra il personale della nostra Terapia Intensiva e i famigliari dei nostri pazienti.
Come troverete indicato seguiranno differenti modi per cercare di conoscerci e tenerci in contatto”

Scarica la lettera

Vi aspettiamo sul divano

Pensavano non fossimo medici, han scoperto che esistiamo. Ci han definito eroi e dopo due mesi ci han sputato in faccia dandoci degli assassini.
Ci chiedono di rinunciare alle ferie, di lavorare di più ma pagati di meno.
Voi pensate che ciascuno di noi abbia ricevuto 1000€ per ogni paziente covid visto da lontano, chissà quale aumento sullo stipendio e le vacanze pagate alle Fiji. La verità é che prima e dopo covid non é cambiato nulla, siamo ancora qui a lavorare come prima per lo stesso stipendio, solo più stanchi.
Ma guadagnare come (o meno) di un idraulico facendo il medico pare sia giusto, maledetti provilegiati che avete studiato 12 anni per arrivare dove siete!
Adesso in Italia vogliono formare dei rianimatori in 2 mesi, in Francia degli OSS in 15 giorni, degli infermieri di rianimazione in 48 ore.
Ragazzi bene.
Ma perché non vi curate direttamente da soli, così risparmiate in avvocati e ci lasciate vivere in pace? Noi siamo in debito di un lockdown, vi aspettiamo sul divano, no problem.

Mi hanno dato dell’angelo, mi hanno dato del diavolo…

Io non volevo scrivere ciò che state per leggere; ci ho pensato per qualche giorno, ho provato a resistere ma non ce l’ho fatta quindi l’ho scritto ma con fastidio e disagio, come quando hai il cagotto e sei in discoteca. Avete presente le discoteche? Quelle dove si va a ballare? Ah no?! Ah non si può? …
Tornando a ciò che stavo dicendo, alla fine ho partorito quanto segue: mettetevi comodi che a sto giro”la tocco piano”.
Come il pessimo sequel di un brutto film la famigerata seconda ondata è arrivata. Ce la siamo voluta, l’abbiamo cercata, si è fatto di tutto per averla ed alla fine l’abbiamo ottenuta! Complimenti vivissimi. Certo, sarebbe arrivata comunque ma l’estate del”non ce ne sono coviddi”ci ha presentato il conto facendola iniziare un po’ prima e tutta di colpo (di nuovo), con tutto l’autunno e l’inverno davanti! Applausi a noi! Leggi tutto “Mi hanno dato dell’angelo, mi hanno dato del diavolo…”

Eravamo angeli

Ieri eravamo eroi… angeli ….superuomini e superdonne che hanno dedicato ore e giorni della loro vita per curare e prendersi cura di altri uomini e altre donne più sfortunati di loro.
Abbiamo lottato con le unghie e con i denti, ma soprattutto con il cuore per afferrare le braccia di chi stava cadendo nel baratro.
Regione Lombardia è stata più colpita di altre, le province di Bergamo e Brescia con i loro morti e la loro dignità nella sofferenza ci hanno trovati senza più lacrime.
Turni massacranti, posti letto creati dal nulla, pazienti ventilati a mano nei reparti medici con mezzi di fortuna , ambu, va e vieni e l’acqua di Lourdes.
Così siamo arrivati al 1° Agosto 2020 e oggi non siamo più nulla o meglio, siamo gli stessi di prima, medici ed infermieri di Terapia Intensiva che continuano a curare e prendersi cura.
Svuotati di energia, cerchiamo di ritrovarla a poco a poco e speriamo nel futuro, ma… Leggi tutto “Eravamo angeli”

Riguardarsi negli occhi

Area arrivi dell’aeroporto.
Varco la soglia di uscita, e li vi vedo: belli, sorridenti, rumorosi!
Mi sento di nuovo libera e al sicuro.
Per un attimo lascio andare i non si può, le preoccupazioni, le raccomandazioni da lontano, il pranzo di Pasquetta in videochiamata, la solitudine, il dolore alle gambe dopo 8 ore in piedi, il freddo glaciale non appena tolta la tuta di tyvek, il segno della mascherina sulla faccia, la paura di non vedervi più, la solitudine, i se, i ma, i forse, i quando si potrà.
Vi corro incontro, gli occhi si appannano e per pochi secondi sono felice e incosciente.
Poi ricordo: non posso abbracciarvi… ma adesso posso guardarvi negli occhi.

Quegli sguardi…

Ho lavorato in ICU-COVID per quasi tre mesi. La cosa che più mi ha segnato è stata la perdita di identità che non ha risparmiato nessuno. Noi infermieri, medici, oss e fisioterapisti siamo stati tutti oggetto di omologazione, tutti abbiamo perso il nostro essere unici in quanto tali. Le bardature avevano la terribile capacità di azzerare i tuoi tratti distintivi. Molti di noi avranno vissuto il dramma di non riconoscere gli altri e di non essere riconosciuti… il virus aveva rapito anche la nostra unicità. Quel taglio di capelli, quelle movenze, quei sorrisi… tutto barbaramente abortito. Nessuno dei tratti distintivi che hai sempre riconosciuto negli altri era più disponibile, tranne uno: il taglio degli occhi. E allora gli occhi diventano improvvisamente il nostro biglietto da visita, il nostro mezzo di identificazione, la nostra interfaccia con il mondo relazionale. Quanto è stato bello capire gli occhi, sviluppare la capacità di riconoscimento ed intesa attraverso il solo sguardo. Porterò per sempre con me gli sguardi di quei colleghi, così straordinariamente ricchi di emozioni. Riscoprire la potenza degli occhi in quegli sguardi è stata un’ esperienza salvifica.

Col Moschin

Quando ci mandano ad assemblare l’ennesima Terapia Intensiva dedicata ai pazienti COVID, ci soprannominano “Col Moschin”. A qualcuno piace, dà la carica; io invece storco il naso: sono una rompiscatole e le metafore belliche non mi sono mai piaciute.
Siamo una manciata di anestesisti un po’ incoscienti e un schiera di infermieri dalle provenienze più disparate: ci presentiamo con una gomitata nel sotterraneo, davanti alla porta delle sale operatorie. Neppure il tempo di chiedersi “Da dove vieni?” che già ci sono ventilatori da posizionare, percorsi da inventare, liste di farmaci da procurare. Una striscia di nastro adesivo delimita le aree contaminate, uno scatolone di cartone fa da archivio, l’emogasanalizzatore dove lo appoggiamo? Mettiamo qui acqua e caramelle, prima che collassi qualcuno… accidenti se è lontano il bagno, bisogna ricordarselo! Leggi tutto “Col Moschin”

La mia parte di storia

“Ragazzi, da lunedì diventate Covid”. Così sentenziò il nostro primario, che negli ultimi giorni ci aveva fatto girare la testa per il turbinio di cambiamenti che ci aveva dettato. Ecco, dopo la rianimazione generale, ora toccava anche a noi. La notizia fu recepita con non poco sgomento dal personale. Ma ormai pareva una scelta inevitabile vista la marea montante di pazienti che non accennava a diminuire. Il nostro responsabile, apparentemente impassibile, mandò subito a comprare del nastro adesivo per tracciare i confini tra zona sporca e zona pulita.
“E come si trattano i pz covid?” Tutti ne parlavano ma nessuno aveva ancora chiaro cosa realmente si dovesse fare. Leggi tutto “La mia parte di storia”

Domani dopo 3 mesi vado in ferie, non credevo fosse possibile

Domani vado in ferie dopo 3 mesi, giorno più giorno meno, da quel 21 febbraio in cui iniziò lo tsunami. Durante quei giorni non credevo che fosse possibile, 3 mesi fa non credevo ce l’avremmo fatta. Fino al 21 febbraio sinceramente la mia scuola di pensiero era la mia solita tranquilla e senza isterismi, tanto è come l’influenza, non avevo colto la portata devastante che avrebbe avuto nelle nostre vite la Sars- COV2. Leggi tutto “Domani dopo 3 mesi vado in ferie, non credevo fosse possibile”