Sono fiero di essere un rianimatore

La prima cosa che vorrò fare al rientro di questa emergenza sarà riabbracciare la mia ragazza e la mia famiglia. Non le vedo da 20 giorni. Per non portare a casa questo schifo di virus ho preso una stanza in affitto alle spalle dell’ospedale […].

Una delle cose che stiamo imparando è il valore dell’amore, di un abbraccio, di un bacio, della famiglia. Troppo spesso stiamo accompagnando alla morte persone che avremmo voluto (e che in altri tempi avremmo potuto) curare per mancanza di risorse e per tenere posti letto intensivi per i malati più giovani o comunque con più possibilità di sopravvivenza.
La cosa più triste dopo lo strazio del non poterli curare è il vederli morire da soli, con solo noi nascosti dietro camice e maschera in loro compagnia, senza che possano vedere i loro cari e le loro famiglie. Questo non è giusto.
La seconda osservazione che vorrei fare sottolinea il rapporto che si sta creando tra colleghi soprattutto di diverse specializzazioni. Non esistono più differenze, non siamo specialisti ma siamo tutti medici pari impegnati in una guerra senza precedenti ed in cui tutti possiamo dare il nostro contributo. La solidarietà reciproca è molto alta, e sembra di essere tutti amici. Una sensazione mai provata prima.
In rianimazione vedevo i drammi e le tragedie, e difficilmente ci si può abituare. Ma oggi le tragedie stanno accadendo in numero enorme e in contemporanea, senza avere la grazia di accadere una alla volta.
Vorrò dimenticare tutto volentieri, vorrò dimenticare che abbiamo 50 morti al giorno, vorrò dimenticare che non sappiamo dove mettere i malati, vorrò dimenticare che diamo morfina invece di ossigeno perché non abbiamo i mezzi per curare. Vorrò dimenticare il corteo di camion dell’esercito che porta le salme da Bergamo verso altre regioni per poter procedere alle cremazioni.
Ma sono fiero di essere protagonista insieme a tantissimi volenterosi fratelli e sorelle colleghi che stanno mettendo da parte tutto per combattere fianco a fianco questo demone. Sono fiero di essere un rianimatore italiano, la figura che serve ora più che mai.