Mi guardò così intensamente che mi sembrava fosse arrivato all’anima

In tutto lo sconvolgimento che ha potuto creare questa pandemia, non dimenticherò mai le lacrime a telefono dei tanti parenti che perdevano un loro caro che non eravamo riusciti a tirare fuori da questa bestia chiamata COVID 19. Ricordo ogni singola voce, ogni parola. Ricordo il nodo in gola che mi saliva quando pronunciavo quella maledetta frase: ” Mi dispiace tanto signor* ma suo marito/figlio/nonno/fratello/sorella/moglie non ce l’ ha fatta! É mort*…”. Di lí immaginavo cosa potesse passare nella mente di queste persone nel sentirsi chiamare da un perfetto sconosciuto che stava a dire che un loro caro era morto e neppure avrebbero avuto modo di piangere sul suo corpo, di accarezzarlo un’ ultima volta, anche solo di guardarlo in faccia per l’ ultimo saluto. Io forse sarei morta sul colpo. Dall’altra parte della cornetta sentivo solo silenzio, di quei silenzi che ti raggelano l’ anima e ti tolgono il respiro. Qualche singhiozzo, poi di nuovo silenzio e un “Grazie!” detto come un “lasciami in pace, ora fammi solo piangere!”. Non dimenticherò mai gli occhi di un uomo, che tanto mi ricordava mio nonno. Gli tenni la mano tutti i giorni che montavo di turno in Rianimazione. Il giorno in cui ci lasciò mi strinse la mano di nuovo, non riusciva a parlare, non riusciva a respirare. Mi guardò così intensamente che mi sembrava fosse arrivato oltre tutti gli involucri esterni, fin dentro all’anima. Mi guardò e mi disse: ” Sto morendo, lo so!”. I nostri occhi divennero lucidi. Gli accarezzai la fronte e appena si riaddormentò uscii dalla stanza. Era l’ ultima volta che lo avrei visto.
Di tutta questa pandemia ricorderò tante lacrime, tante voci sconosciute… tanti abbracci non dati e mani strette a chi aveva solo me in una stanza con cui parlare.