“La mamma sembra un panda”

“La mamma sembra un panda”

Oggi Koki ha commentato così al suo papà che gliela faceva vedere, questa foto di me al lavoro. Ero a meno di metà della mia vestizione, in una fase che mi consente ancora di mettere le mani sul telefono e di comunicare con casa mia.

Mi sono ripromessa più e più volte di non indulgere in un trend oramai comune (e divenuto sinceramente un po’ noioso, ma diffuso in tanti social-sanitari) di divulgazione delle attività di reparto (ai limiti della violazione di riservatezza e segretezza imposti dalla deontologia e dal contratto che abbiamo firmato con le nostre Aziende), di comunicazione di stati d’animo e bollettini “dal fronte”, di selfie in divisa e/o con le assurde vestizioni in cellophane che questa epidemia ci impone (selfie per altro vietati SEMPRE dalla deontologia e dalla legge).

Ci “casco” oggi perché l’osservazione di mio figlio ha molto a che vedere con il mio personale modo di prendere tutta questa eccezionale situazione. È vero. Sembro un panda.

E vista così, un po’, mi vien da ridere anche a me.

Non sono un’eroina, una santa, una martire, una che ha avuto una vocazione. Non ho fatto voti, non sono Maria Teresa di Calcutta né tanto meno Gandhi.

Ha ragione mio figlio. L’unica cosa che sembro è un panda. E con la stessa dolcissima leggerezza invito chi è come me coinvolto in questa situazione surreale ad abbassare toni e cresta.

Che tanto, quando tutto questo finirà e metterò (come sempre accade in rianimazione con qualunque insufficienza respiratoria di origine non nota) una Filtrante Facciale 2 o 3, nessuno mi farà una foto su un immaginario fronte bellico mentre combatto un mostro di pochissimi dalton (ma in tantissimi esemplari).

Tornerò a sembrare quello che sembro anche ora.

Un panda.