Il primo paziente covid presso il nostro pronto soccorso aveva una polmonite mai vista. Aveva un emogas davvero pessimo. Aveva tutte le caratteristiche del Covid, per lo meno quelle note a quel momento. Ho pensato: “eccolo, è arrivato, inizia la guerra, la battaglia contro chi non si conosce”. Timore, senso di impotenza, la sensazione del dubbio di cosa poteva iniziare. Mi ero documentato per quanto fosse possibile vista la mancanza di dati da noi, ma doverti scontrare con un qualcosa che fino ad ora avevi solo sentito alla TV e distante dal nostro paese, ti lasciava comunque con quel timore di non essere all’altezza. Lo tratti come un’insufficienza respiratoria acuta come le altre? Lo “Aggredisci” subito? NIV o IOT? Cortisone o non cortisone? Serve l’Eco o meglio subito la TC?
Da li ai giorni a seguire, il flusso è ovviamente aumentato, e piano piano qualche indicazione, non linee guida precise, ma il quadro si era certamente chiarito. Le polmoniti che stavamo vedendo erano fuori da ogni precedente. Piano piano affinavamo le nostre armi, il trattamento diveniva standardizzato. L’ecografia toracica diventava più specifica della RX e il tampone che si aspettava anche 12/24 ore era solo la conferma della clinica e dei dati di laboratorio. Poi ti accorgi che non reca danno solo ai polmoni, ma anche ai reni, poi trombosi ecc ecc. Allora anche l’eparina. L’ affare si complica. In pronto soccorso vedevamo quasi tutti pazienti Covid o sospetti tali. Tornavi a casa la sera o la mattina dopo la notte distrutto, devastato da quella mascherina che ti segnava il viso, da quella visiera che ti segnava la fronte, da quei camici, quei calzari, quelle protezioni che ti segnavano anche nella mente e nell’anima. E il timore del giorno successivo di lavoro era sempre alto. I pazienti Covid ormai avevamo imparato a vederli ancora prima del tampone e quelli gravi che andavano alla NIV come primo tentativo e che poi magari venivano intubati, avevano uno sguardo che non dimenticheremo mai, lo sguardo di chi ti dice sono nelle sue mani ma sono anche consapevole che forse sono arrivato alla fine del mio percorso . Che brutta bestia stavamo combattendo. Sempre piano piano poi il picco è passato e ne stiamo vedendo meno ma tutto è da vedere dopo la riapertura. Non so se tutti abbiano compreso la gravità della cosa ma spero che un filino di timore abbia pervaso la mente di molti così da tornare alla nostra vita quotidiana con criterio e senza mai abbassare la guardia per non tornare ai tempi del picco. Credo di non essermi mai sentito più medico di adesso, e sono certo che ho fatto quanto in mio possesso per i miei pazienti, e chiedo scusa a quei pazienti che purtroppo sono deceduti se la medicina non è riuscita a trovare subito una strada per salvarli tutti. Possano vegliare su di noi…