Quando tutto questo si è scatenato, stavamo terminando la fase due del progetto intensiva 2.0 ed eravamo contenti delle modifiche di comunicazione che eravamo riusciti ad apportare. Una nuova sala d’accoglienza, la musicoterapia, tante lettere di stima, lo stupore negli occhi dei parenti per le attenzioni, una rianimazione semiaperta… Ora sembra un campo di battaglia dove la relazione con le famiglie è l’ultimo dei nostri pensieri. Eppure la voglia di comunicare non si è fermata. Grazie alla generosità della gente abbiamo acquisito dei tablet per permettere ai pazienti che si svegliano di “vedere” i propri cari. E piano piano i medici stanno capendo che è importante il mezzo anche per comunicare le notizie, vedere in faccia i parenti soprattutto quando si comunica la morte. Non è facile, sarebbe meglio nascondersi dietro una voce, ma ogni giorno siamo stati abituati a vedere quelli sguardi e non dobbiamo perdere l’abitudine. La cosa più difficile in rianimazione non è mai quello che devi fare sul paziente, ma come glielo dici alla famiglia che il loro caro è morto. Paradossalmente ora è più facile. Tanti decessi a cui assistiamo, non hanno una storia, un vissuto: sono solo la malattia con la percentuale di sopravvivenza in base a criteri clinici e di anagrafe che prima non erano vincolanti ma ora sì. Il fine vita che la legge 219 ci ha ben spiegato ora diventa una giornaliera compagna e purtroppo stiamo imparando in fretta che le linee guida della SIAARTI di qualche anno fa, tanto vituperate in tempo di vacche grasse, ora sono una costante legge. In tutto questo ci sono poi i volti degli operatori, stanchi ma carichi a palla tutto il giorno. Tutti si sono messi a servizio e finalmente si palpa la solidarietà, il sacrificio, la disponibilità che in una sanità pubblica dove la meritocrazia non si sa cosa sia è un gran passo avanti. I valori delle persone sono usciti fuori e ora tutti sanno su chi può veramente contare e tutti quelli che prima facevano solo partite di chiacchiere, sono svaniti. Non c’è mai un male che non sia un bene, diceva qualcuno. La lezione di umanità che ci sta arrivando addosso come un tsunami è qualcosa di meraviglioso. Domani potremo dire… io c’ero così come quelli che hanno vissuto i grandi drammi dell’umanità. Purtroppo temo che come sempre la storia non insegnerà nulla e il tempo inevitabilmente ci riporterà alla solita superficialità… ma fin che dura godiamoci un’umanità che sta capendo cosa è importante nella vita. Grazie a tutti voi per l’aiuto