Fino a poco più di un mese fa non avevo la percezione di quello che stava per accadere, di quello che stava per travolgere la mia vita, la mia città, il mio Paese, il mondo. La pandemia da SARS-CoV-2 sta provocando uno stravolgimento che ci coinvolge a 360°gradi come professionisti della sanità e come esseri umani. Siamo messi a dura prova in ogni scelta professionale e privata.
Ecco alcuni esempi di quotidiano vivere; turno in centrale operativa mi passano una chiamata, è una figlia, ha i genitori anziani chiusi nella loro casa con la febbre da 8 giorni. Lei vive a pochi chilometri di distanza, è in quarantena, il marito è ricoverato in terapia intensiva per una polmonite interstiziale da COVID19. Dottoressa ho paura (sta piangendo), che si fa con i miei genitori?
Turno di notte in automedica ore 1:30 veniamo attivati per una paziente di 93 anni con difficoltà respiratoria non ha febbre né richiami epidemiologici, cosa faccio? Dispositivi di protezione individuale per me, per l’infermiera e per i soccorritori completi o no?
Il turno è finito ho una figlia di tre anni, mi sono da poco separata, lei è dai nonni ora cosa faccio? Torno da lei ?
Sono costretta a soppesare ogni decisione in maniera più profonda di quanto abbia mai fatto finora ed ho paura, ho acquisito consapevolezza della mia fragilità, mi sento sola percepisco una grande assenza intorno a me. Sento il vuoto in tutta la sua forza. Ma ho anche voglia di lottare, non voglio arrendermi, voglio continuare a dare il mio piccolo contributo unita a tutti coloro che stanno affrontando in prima linea questa guerra. Sono certa che con il nostro impegno lasceremo un seme, perché una volta che la tempesta si sarà placata possa rinascere un mondo migliore di quello che abbiamo lasciato. Ora non ci rimane che tornare a noi stessi usare prudenza e pregare che vada tutto bene.